L’utilizzo dell’AdBlue è ormai divenuto abituale in tutti coloro che usano motori diesel con la tecnologia SCR. Particolarmente diffuso nel mondo dei trasporti, fatica a imporsi nel movimento terra anche se nei motori Stage IV sarà una sostanza che tutti dovranno imparare a conoscere e usare
Il suo impiego è ormai ampiamente diffuso sia nel mondo dell’autotrasporto che in agricoltura per i motori diesel di ultima generazione. Chi lavora in questi settori è ormai abituato sia a usarlo che a fare attenzione quando è necessario rifornirsi.
Stiamo ovviamente parlando dell’AdBlue, quella sostanza «misteriosa» la cui effettiva utilità non è ancora chiara a tutti. Spesso nemmeno a coloro che la usano regolarmente.
Si tratta di una miscela di acqua e urea tecnica di alta qualità al 32,5%.
Il nome AdBlue è un marchio registrato che indica proprio l’AUS32 (Aqueous Urea Solution 32,5%) ed è di proprietà della VDA – Verband der Automobilindustrie – l’associazione tedesca dei costruttori di veicoli, che ne garantisce gli standard qualitativi secondo quanto previsto dalla specifica ISO 22241.
Gli standard qualitativi prevedono infatti un rigido controllo affinché la miscela possa realmente chiamarsi AdBlue.
Essere precisi conviene
Per la precisione occorre che l’AdBlue contenga una determinata concentrazione di urea tecnica, che siano controllati e in alcuni casi annullati i contenuti di metalli, calcio, biureto e altre sostanze che potrebbero danneggiare in modo irreparabile i catalizzatori.
La produzione può avvenire per sintesi o per dissoluzione.
Nel primo caso si interviene direttamente nel processo di produzione dell’ammoniaca/urea, mentre nel secondo si opera per dissoluzione di urea tecnica in acqua demineralizzata.
Con questo metodo, però, si rischia maggiormente di ottenere un prodotto fuori specifica con presenza di impurità.
La produzione di sintesi presenta il vantaggio della trasformazione diretta dell’urea in AdBlue durante il processo rimanendo sempre allo stato liquido e senza l’aggiunta di nessun tipo di sostanza che potrebbe contaminarla.
Con la dissoluzione, invece, si utilizza urea solidificata a cui sono aggiunte sostanza anti-impaccanti per facilitarne la conservazione e manipolazione. Solo in seguito viene dissolta in acqua e gli additivi usati nella fase di solidificazione e conservazione possono portare l’AdBlue fuori specifica immettendo sul mercato un prodotto potenzialmente dannoso per i catalizzatori.
Il controllo del rispetto delle specifiche da parte di un ente terzo garantisce inoltre che per la produzione di AdBlue si usi correttamente l’urea tecnica e non quella che normalmente si può trovare in commercio e che è usata come fertilizzante.
L’urea tecnica è oggi una parte relativamente piccola sul totale della produzione mondiale che è invece quasi interamente dedicata al mercato dei fertilizzanti per agricoltura.
Prevenire è sempre meglio che curare
Utilizzare AdBlue non conforme alle specifiche ISO 22241 comporta una lunga serie di problemi in quanto i sistemi SCR sono molto sensibili alla qualità del prodotto utilizzato.
Una delle raccomandazione fondamentali è che l’AdBlue non sia contaminato non solo durante la produzione ma anche durante il trasporto e la manipolazione successiva.
I danni che possono sorgere per un impiego di AdBlue che contenga calcio, metalli non previsti o addirittura elementi con dosaggi fuori specifica, non sono immediatamente visibili e riscontrabili ma si manifestano dopo un certo tempo.
La presenza di calcio, per esempio, non solo danneggia il catalizzatore ma comporta anche l’intasamento degli iniettori con dei depositi di calcare che costringono a pesanti e costosi interventi di manutenzione straordinaria.
Le problematiche derivanti da un uso di AdBlue non conforme sono sostanzialmente di due tipi e coinvolgono in modo pesante il catalizzatore che può essere soggetto a invecchiamento o ad avvelenamento.
Normalmente i catalizzatori sono progettati per la durata media del mezzo a cui sono destinati, salvo intervalli di manutenzione/sostituzione specifici indicati dal costruttore.
L’invecchiamento diminuisce la durata di progetto a causa di sostanze estranee all’AdBlue che causano una perdita di efficienza del catalizzatore stesso riducendone la vita e la capacità di funzionare. Questo perché le sostanze non previste, per esempio il calcio, provocano una diminuzione della superficie utile di catalizzazione.
L’invecchiamento comporta la sostituzione del catalizzatore con dei costi elevati non previsti.
L’avvelenamento è invece causato da metalli, come a es. zinco o rame, o altre sostanze inquinanti che danneggiano il catalizzatore e le rendono inutilizzabile.
Anche in questo caso occorre intervenire con la sostituzione del catalizzatore.
Nella sostanza gli effetti dei due processi sono identici e comportano interventi radicali dello stesso tipo.
In realtà la differenza consiste nel lasso di tempo che interviene fra le prime cause del danno e la sostituzione del catalizzatore. Nel caso dell’avvelenamento si ha un’azione rapida e quasi immediata mentre nel caso dell’invecchiamento si ha un’azione lenta che può durare anche molto tempo e a cui è difficile quindi attribuire una causa precisa immediata.
A cosa serve l’AdBlue?
L’AdBlue svolge una funzione fondamentale nel processo chimico di trasformazione degli ossidi di azoto contenuti nei fumi di scarico dei motori diesel dotati del sistema con Riduzione Catalitica Selettiva (SCR).
I motori che adottano questo sistema lavorano al massimo della loro resa, con temperature di combustione molto elevate che comportano la distruzione del particolato ma, per contro, la formazione di molti ossidi di azoto.
Questi vengono combinati chimicamente con l’urea presente nell’AdBlue trasformandoli in azoto molecolare e vapore acqueo.
L’urea prodotta in modo naturale all’interno del nostro organismo ha l’importante funzione di eliminare tutte le sostanze azotate prodotte dal metabolismo per espellerle sotto forma di urina.
Nel sistema SCR, invece, l’urea tecnica si combina con gli ossidi di azoto presenti nei gas di scarico secondo la reazione chimica 2CO(NH2)2 + 4NO + O2 ® 4N2 + 2CO2 + 4H2O.
I prodotti finali sono quindi anidride carbonica, azoto molecolare e acqua sotto forma di vapore.
La reazione chimica potrebbe anche non essere catalitica ma la presenza di un catalizzatore, di solito vanadio su un supporto ceramico poroso, consente di abbassare la temperatura di reazione fra i 265 e i 465 °C con rendimenti più elevati, la stabilità dei prodotti in uscita e un abbassamento delle temperature di funzionamento del catalizzatore a vantaggio di masse radianti più piccole
Sfatare un falso mito
L’impiego della tecnologia SCR con l’uso dell’AdBlue ha comportato moltissimi vantaggi. Soprattutto nei motori con cilindrate e potenze elevate. Una riduzione della complessità del motore e un aumento della sua durata grazie all’assenza del sistema EGR che richiede manutenzioni costanti nel tempo. Una riduzione dei consumi grazie a una resa più elevata del processo di combustione. Una conformità ai parametri di emissioni più stringenti senza particolari difficoltà tecniche.
I detrattori dell’SCR, per contro, hanno sempre messo sul piatto della bilancia la maggiore complessità della gestione aziendale dell’AdBlue.
In realtà gli utilizzatori che impiegano, nel movimento terra, veicoli industriali di ultima generazione sono già avvezzi all’uso della sostanza dal caratteristico colore azzurrognolo.

Inoltre l’AdBlue non comporta particolati difficoltà gestionali se non una corretta conservazione atta a evitare l’inquinamento con sostanze estranee che danneggiano il catalizzatore. Ma queste sono procedure corrette che vanno usate anche con il gasolio e i lubrificanti.
Per tutti coloro che, inoltre, non hanno la voglia o la necessità di effettuare uno stoccaggio, i distributori che hanno pompe con AdBlue sono ormai numerosissimi e diffusi ovunque sul territorio proprio per andare incontro alle esigenze dell’autotrasporto.
Un’altra obiezione all’uso è data dal fatto che l’AdBlue congela a partire da -11°C e le macchine movimento terra sono spesso soggette a temperature anche inferiori nei periodi invernali. Anche questo è un falso mito che va sfatato in quanto i motori con SCR possono funzionare per un periodo che oscilla fra i 30’ e i 40’ senza l’uso dell’AdBlue viste le basse temperature di funzionamento. In quel mentre si attiva il riscaldamento del circuito di iniezione dell’AdBlue e il liquido viene riscaldato.
Altro elemento a sfavore è dato dal costo di acquisto. In realtà anche in questo caso si tratta di un elemento fittizio in quanto la diluizione dell’AdBlue nel ciclo di funzionamento è nell’ordinde del 3/5% per litro di gasolio. I consumi estremamente vantaggiosi che i motori con SCR hanno fatto registrare non solo compensano ampiamente il costo dell’AdBlue ma risultano ancora estremamente concorrenziali rispetto ad altre soluzioni.
L’elemento interessante è che coloro che hanno usato fino a oggi la tecnologia con EGR + DPF sui grandi motori dovranno comunque usare l’AdBlue per rispondere ai parametri Stage IV, Tier IV Final in quanto questa tecnologia non riesce da sola ad abbassare gli ossidi di azoto in uscita sotto la soglia richiesta.
Si troveranno quindi non solo a dover spiegare il perché dell’impiego della tecnologia SCR insieme all’EGR e ai filtri antiparticolato ma anche a dover negare le spiegazioni date fino ad allora ai propri clienti.
Interessanti scenari di marketing si stagliano all’orizzonte. Anche se alcuni già sanno che il cielo è sempre più blue.
L’AdBlue è utilizzato dai veicoli dotati di sistema SCR, è trasportato in specifici serbatoi e viene immesso nel sistema catalitico in ragione del 3-5% del gasolio consumato. Questo basso dosaggio garantisce un funzionamento duraturo, minimizzando comunque lo spazio impegnato sul veicolo. Attualmente il sistema SCR è utilizzato in Europa, Giappone, Australia, Hong Kong, Taiwan, Corea, Nuova Zelanda e Singapore. Le normative emesse dalla CEE e dalla US EPA – United States Environmental Protection Agency, limiteranno i livelli di NOx emessi dai veicoli diesel circolanti negli Stati Uniti e in Europa. AUS32 nel Nord America verrà identificato come DEF (Diesel Exhaust Fluid) mentre in Brasile si chiamerà Arla 32. L’adozione della tecnologia SCR in Europa ha reso necessaria la creazione di una infrastruttura di distribuzione. Oggi l’AdBlue è disponibile in migliaia di stazioni di rifornimento; esiste un sistema di localizzazione aggiornato mensilmente che mostra tutti i punti di vendita al dettaglio. L’AdBlue viene anche venduto in taniche da 10 litri o fusti da 210 litri, in contenitori IBC da 1.000 litri oppure sfuso tramite autocisterna. Tutti i costruttori di camion offrono attualmente modelli dotati di sistemi SCR e l’uso di AdBlue sta cominciando a diffondersi anche su alcune auto. L’introduzione degli ultimi step normativi, soprattutto l’Euro 6 per i trasporti, determinerà un ulteriore consolidamento di questa tecnologia.