Sono giorni di scambi culturali e di confronti aperti con il mondo.
Dopo il “tour de force” di Ecomondo e Agritechnica, due finestre aperte sul mondo, pensavo di aver fatto il pieno di positività.
Tantissimi incontri con persone di tutto il mondo e con i ruoli più diversi: imprenditori, progettisti, costruttori di componenti, ingegneri, utilizzatori…una “varia umanità” che si impegna tutti i giorni, in luoghi spesso molto lontani fra loro, con obiettivi del tutto identici.
Il pensiero comune di queste persone è di realizzare, in pace con il mondo, un progetto lavorativo che permetta loro di vivere bene, di essere soddisfatti, di far crescere i propri figli cercando sempre di migliorarne le condizioni di vita, di imbastire una rete di collegamenti e di conoscenze mirata ad aumentare il proprio giro d’affari e le proprie conoscenze.
Purtroppo questo grande spirito positivo che ho avuto la fortuna di respirare in due lunghe settimane di impegni intensi, faticosi ma belli e pieni di vita, sono stati funestati dagli eventi drammatici che tutti ben conosciamo.
Le riflessioni sono state molteplici e mi hanno fatto pensare, in contrasto con quanto si sentiva e si vedeva attraverso i media, al gran numero di persone che ho incontrato.
Un mucchietto di biglietti da visita che ho portato con me e che, nel riordino di routine, mi hanno ricordato facce, persone, dialoghi e pensieri.
Dietro ogni biglietto c’è una persona che lavora e che lo fa con passione e convinzione.
Due forti sentimenti positivi che si percepivano chiaramente nei miei interlocutori con cui ho imbastito dei dialoghi costruttivi e forieri di buone notizie.
Pensavo con grande tristezza a quanto stava succedendo a Parigi e, al contempo, pensavo agli occhi brillanti di coloro che mi hanno avvicinato e che, accomunati dalla passione per le macchine e dal tanto lavoro da fare, facevano immediatamente dimenticare nazionalità diverse, lingue diverse, religioni diverse.
Tutti insieme per un unico obiettivo: il lavoro e il miglioramento delle condizioni di vita proprie e dei propri cari.
Fra tutti ho pensato a un imprenditore algerino che ho avuto la fortuna di conoscere nel corso di Ecomondo.
Una persona estremamente concreta e gentile con cui ho parlato a lungo, davanti a dei pasticcini e a un succo di frutta, e che mi ha colpito per l’equilibrio e il modo di ragionare basato sul progresso, sugli impianti per il trattamento dei rifiuti che sta costruendo, sul nuovo modo di impostare i suoi cantieri di costruzione e demolizione, sull’impiego sempre più spinto delle macchine per riuscire ad aumentare la sicurezza propria e dei suoi uomini.
E ci siamo trovati ancora più in sintonia quando ho iniziato a spiegare alcune macchine: una passione comune che ha di colpo annullato le distanze, sia geografiche che culturali, e ci ha subito messi fianco a fianco capendoci all’istante.
Ancora una volta la passione per le macchine, per il lavoro svolto seriamente, per un orizzonte di vita che va ben al di là dei progetti in essere e si proietta sulle generazioni future, hanno unito due persone così diverse ma, in realtà, così uguali: lui ed io.
E ci siamo resi conto entrambi, salutandoci, che siamo solo nati in posti diversi ma che, in realtà, siamo più simili di quello che possiamo immaginare.
E che il lavoro, alla fine, è l’unica vera strada percorribile affinché, come mi raccontava, non ci siano guerre, differenze fra le persone e affinché i giovani possano crescere nel migliore dei modi sviluppando ognuno le proprie passioni e i propri progetti di vita.
Quando ci penso mi rimane un filo di speranza perché penso che le macchine, le nostre amate macchine, possano unire persone diverse per provenienza ma, di fatto, uguali in tutto e per tutto.