Ne avevo appena parlato ma sembra che l’attenzione non sia mai sufficiente.
La settimana appena conclusa ha visto nuovamente un bruttissimo incidente funestare i cantieri italiani.
Siamo nuovamente sulla A3 Salerno-Reggio Calabria.
Siamo nuovamente a parlare, da questo piccolo spazio dedicato al mondo delle macchine e dei cantieri, di un morto sul lavoro.
Italia che detiene il triste record UE di decessi sul lavoro.
Ma non solo – e sono due elementi strettamente collegati – l’Italia detiene il triste record dei costi unitari per la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali (nonostante il “massimo ribasso”), in cui i cantieri sembrano essere senza fine (e la A3 è un caso emblematico), in cui il gioco al massacro sembra essere la regola che dirige il gioco.
Elementi che ci s-qualificano in modo inequivocabile verso gli altri paesi della UE e che sono evidenti segni di un malessere generale del mondo delle costruzioni che – a mio parere – non si vuole sanare.
Oggi ci vado giù duro.
Sono più che convinto che ci sia la ferma volontà di non voler rimediare a una situazione in cui gli interessi di pochi si scontrano con il bene delle aziende e dei lavoratori seri e preparati che l’Italia ha sempre saputo mettere in campo.
Non voglio e non posso credere che non si possa sistemare una situazione in cui lo stillicidio quotidiano di persone che perdono la vita sia il leit-motiv che accompagna il mondo delle costruzioni italiane.
Risulta evidente che ci sono interessi di parte, soprattutto nelle grandi opere pubbliche che dovrebbero costituire il sistema su cui si basa lo sviluppo del paese, che non vogliono rendere limpidi i cantieri nostrani.
Non so cosa altro aggiungere se non il mio personale sdegno per una situazione di questo tipo.
Noto con dispiacere, però, che quando svolgo docenza per i corsi sulla sicurezza la rassegnazione di coloro che si trovano in prima linea è ormai arrivata a punti di non ritorno.
Ho imparato a distinguere, lontano da ideologie o visioni di parte, solo due grandi categorie di persone che sono attori del processo produttivo del nostro settore: le persone oneste e le persone disoneste.
Nella categoria delle persone oneste metto insieme imprenditori, lavoratori e tecnici che svolgono con passione il loro lavoro. Sono tanti. Tantissimi.
E si vede la loro presenza da alcuni segni fondamentali: aziende ordinate e propense agli investimenti, lavoratori preparati e professionali che non lasciano nulla al caso, cantieri seguiti con costanza e competenza.
Ebbene, la rassegnazione e la voglia di gettare la spugna arriva proprio da questa grande categoria di persone. Mi si spezza letteralmente il cuore – e mi sale dentro una rabbia senza limiti – quando mi raccontano episodi di ogni genere.
Ribassi fuori mercato, imprese concorrenti che non rispettano le elementari misure di sicurezza, colleghi che affrontano il lavoro senza professionalità, cantieri con problematiche di ogni genere, ritardi nei pagamenti che mettono fuori gioco aziende serie e favoriscono quelle che invece hanno introiti “di vario genere”.
Lo dicono con l’amarezza di chi sa che è difficile poter contrastare fenomeni di questo tipo e che oggi chi opera con professionalità è messo nella condizione di non riuscire a sostenere un sistema che è destinato a implodere.
L’unica strada per non soccombere è continuare a parlare di queste cose, a fare in modo che gli episodi irregolari vengano a galla, a fare in modo che chi vuole lavorare in modo pulito abbia più voce e opportunità degli altri.
Con l’obiettivo che la sicurezza non sia più un oggetto misterioso avvistato da qualcuno ma la certezza di cantieri tecnologicamente avanzati in cui non ci sia spazio per i malfattori e gli improvvisatori.